Buongiorno a tutti.
Iniziamo anche quest’anno una serie di riflessioni, a fine a.s., che ci possono aiutare a focalizzare alcuni aspetti che possono essere passati inosservati o ai quali non abbiamo dato la giusta importanza.
… da che punto guardi il modo, tutto dipende.
Lo faccio dal mio “osservatorio”, dal mio punto di vista.
Quello che a volte molti non comprendono, anche coloro che a vario titolo sono mi sono più vicini e/o più dentro ai meccanismi della scuola, che una scuola come la nostra va vista nel suo complesso didattico ed organizzativo, e che visioni parziali non consentono di comprendere tutto e, di conseguenza, poi di muoversi nel modo giusto. Farò esempi più specifici anche quando avrò modo di commentare i risultati degli scrutini e degli esami di stato.
La nostra è una realtà complessa. Sapete che come “complessità” siamo una delle scuole tra le prime d’Italia (aspettiamo i numeri del 2025, tra poco dovrebbero uscire). Tre ordini di scuola, un convitto, personate ATA che la maggior parte delle scuole non ha, e poi tutte le problematiche legate alla sicurezza sul luogo di lavoro, la privacy, l’HACCP, i progetti PNRR, PON e POC, il coordinamento di reti nazionali e progetti internazionali, investimenti in strutture che poche altre scuole fanno….. e molto altro. Ci ritorneremo.
Il mio lavoro e le mie decisioni sono frutto di una sintesi che tiene conto, spesso, di molte variabili legate a quanto detto sopra, come accade per esempio ai docenti che, nel momento della valutazione, mettono in campo tutta una serie di meccanismi che possono sfuggire a studenti e genitori.
Questo lo dico per creare maggiore consapevolezza e maggiore coesione nel lavoro che facciamo. Il lavoro di un dirigente scolastico, in una scuola come la nostra, è un lavoro delicato e impegnativo e che richiede fiducia piena da coloro che lavorano accanto a lui, più o meno vicini. Nell’interesse non dei singoli (io, mi conoscete e lo sapete, vado avanti a prescindere da tutto e tutti….) ma della nostra realtà, che è un’eccellenza a livello nazionale.
Se l’albero si riconosce dai frutti, credo che ne valga la pena: in maniere indiscutibile.
… perché non è la scatola che conta davvero, ma cosa ci metti dentro.
E la tua scatola, imperfetta com’è, è unica. Proprio come te.
Qualche settimana fa la nostra scuola ha partecipato (e vinto) ad un concorso nazionale con un video molto speciale. Più sotto il link ed il testo (voice over).
Non spendo molte parole, si presenta solo.
Dico solo che rappresenta a pieno quello che noi pensiamo di ogni nostro singolo studente, o comunque quello che dovremmo pensare. Ve lo metto in evidenza perché posso essere, per tutti, una riflessione sul nostro modo di lavorare.
Se per noi ogni studente è, seppur imperfetto, unico, ne deriva che la nostra priorità è proprio mettere in condizione ciascun ragazzo e ragazza di dare il meglio di se stesso.
Non esiste altra visione nel lavoro a scuola. Come abbiamo scritto e più volte citato nel nostro “Manifesto”: la scuola come ambiente di apprendimento e non come luogo di lavoro di docenti e non docenti.
E poi… anche noi siamo delle scatole: ci mettiamo dentro le cose giuste?
E’ l’augurio che faccio a tutti!
Buon inizio di estate
Luciano Tagliaferri
Voice over:
Ok, tipo… immagina una scatola.
Sì, una scatola. Niente di wow, eh, roba semplice. Ma è così che
funziona: ognuno di noi è una scatola.
Una specie di involucro che si porta in giro.
Ma aspetta… mica finisce qui.
La tua scatola, spoiler, è la prima cosa che vedono tutti.
E qui parte il delirio: ‘Deve essere perfetta, figa, instagrammabile.
Come se tutto il tuo valore fosse nel cartone fuori.
Il colore, la forma… c’è chi vuole tutto squadrato, lucido, chi minimal.
La società è tipo il cliente che non sa mai cosa vuole, ma giudica
comunque.
E tu lì, a chiederti: ‘Aspetta… ma che cavolo ci metto dentro?’
Ecco il dilemma della scatola: trovare il bilancio perfetto.
Perché se la tua scatola è troppo piena, tipo i tuoi ordini infiniti di
Shein, finisce che pesa troppo e la gente si stanca di portarla:
‘Ammazza, che pesantezza questa’.
Ma occhio, perché se è troppo vuota, rischi che qualcuno decida di
riempirla al posto tuo con qualcosa che non ti appartiene e sei
costretto a portartelo dentro per chissà quanto.
E tu magari neanche te ne accorgi.
Ma poi… non è tutto bianco o nero
Devi aprirla.
Aprirti all’esterno per esplorare, vedere cosa c’è là fuori.
Perché una scatola chiusa si protegge, è vero, ma rischia di restare
ferma, isolata, esclusa.
Però, se ti spalanchi troppo, rischi che chiunque si senta in diritto di
entrare e rovistare: ‘Ehi, aspetta, che stai facendo con le mie cose?!’.
Eppure, l’apertura ha il suo lato positivo:
lascia entrare chi conta davvero, chi sa apprezzare quello che hai
dentro senza approfittarsene.
Ma alla fine, che ti importa?
Forse la scatola giusta è proprio quella che hai già.
Sì, anche con gli angoli storti, le macchie d’inchiostro e quel pezzo di
scotch messo male.
Perché non è la scatola che conta davvero, ma cosa ci metti dentro.
E la tua scatola, imperfetta com’è, è unica. Proprio come te.
Quindi, chiudi ‘sto video e vai a vivere.
Vedi infine la news nello spazio web della scuola:
Primo premio al concorso “BE KIND”
